martedì 8 gennaio 2013

3_ Il trombonista

Quel naso però iniziò ad agitarsi in preda al nervosismo, segno che qualcosa stava turbando i pensieri della sua passeggera. E' vero che Laura si augurava di essere interrogata in qualche modo ma una domanda che portasse con sé una sorta di preconcetto implicito era l’ultima cosa che lei voleva sentire Il tipico modo fasullo che sua madre aveva di  interessarsi della sua vita era proprio quello: chiedere affermando la propria idea.
Ed infatti improvvisamente sbottò con voce acuta: “Casini? Che genere di casini intendi? Forse dovresti pensare prima di dare un passaggio a qualcuno se quel qualcuno ha l’aria di qualcuno che ha combinato qualche casino! Perché si da il fatto che il mondo sia pieno di tanti qualcuno che combinano casini! Perciò se hai voglia di giudicarmi in base a non so quale identikit del qualcuno casinista che hai in mente tu” (solo qui riprese fiato) “fa pure ma prima ferma la macchina e fammi uscire, non ho nessuna intenzione di lasciarmi infastidire da un qualcuno che non sa neanche a che velocità sta andando perché ha una macchina del paleolitico e ascolta musica orrenda!”
Silenzio.
Era successo tutto così rapidamente che l’unica reazione dell’uomo fu quella di smettere di fissare la sua passeggera, spegnere l’autoradio e ricominciare a guardare dritto davanti a sé tenendo il volante talmente stretto da far sbiancare le nocche delle dita.
Anche Laura era talmente scioccata dalla sua stessa reazione che non accennò neanche ad un movimento per paura che l’uomo, spazientendosi, accostasse e la obbligasse veramente a scendere, cosa che avrebbe complicato notevolmente il suo piano di fuga verso il mondo.
Passarono molte auto in senso opposto ma le espressioni che i fanali illuminavano erano pressoché granitiche fino a quando l’uomo, che evidentemente evitava di respirare a pieno per non distruggere quell'atmosfera da quiete prima della tempesta, fece entrare nei polmoni una buona dose d’aria gonfiando il petto come chi, atteggiandosi, sta per dire qualcosa di scontato. Rimase in quella strana posa rigonfia per qualche secondo, aprì la bocca, roteò entrambi gli occhi verso destra cercando di carpire l’espressione sul volto della sua passeggera e… espirò rumorosamente dalla bocca senza proferire parola ma appannando vistosamente il parabrezza.
Il secondo rumore che incrinò pericolosamente quell'onirico silenzio fu provocato dallo sfregamento della manica sinistra del guidatore contro il vetro nel tentativo di spannarlo e tornare finalmente a vedere decentemente la strada.
Il tutto prese una piega talmente surreale da diventare ridicolo, il suono penetrante e buffo dello strofinio sembrava avere lo stesso effetto del solletico su Laura, di li a poco si mise a sghignazzare rumorosamente stringendo i denti per non farsi notare.
L’autista smise di lottare con il parabrezza optando per l’apertura di un finestrino (dato che l’auto non era provvista di aria condizionata), si rimise a sedere correttamente guardando di nuovo la ragazza esclamando: “Magari non sarai un qualcuno che ha combinato casini, ma sei strana forte! Ti sembra il modo di urla…” ”FRENAAAAAAAA!”…
Silenzio.
Un silenzio dal rumore completamente diverso rispetto a quello di prima, non c’era più imbarazzo nell'aria ne tanto meno timidezza.
Laura riprese lentamente i sensi sbattendo le palpebre come al suono della sveglia dopo una notte tormentata,  non ricordava bene cosa fosse successo ma il suo stesso grido le rimbombava ancora in testa. Riebbe improvvisamente la percezione del suo corpo e capì che non era sdraiata ma in una strana posizione seduta con i piedi a penzoloni. Passarono altri momenti dalla lunghezza indefinita prima che Laura riuscisse a percepire una voce lontana, apparteneva ad un uomo ma ogni parola giungeva alle sue orecchie ovattata e distorta. Tutto questo le ricordò la voce degli adulti nella versione animata del fumetto “The peanuts”. I “grandi” parlavano in un gergo incomprensibile caratterizzato da suoni simili ad una prima lezione di trombone eseguita da un allievo per nulla dotato.





Col tempo il trombonista in erba riuscì a rischiarare il suo suono permettendo a Laura di percepire parole sconnesse che registrò mentalmente: ”…vecchia” “…che cazzo ci faceva…” “…ragazzina idiota…” “…prendono non esco più…”.
L’ultimo pensiero che la scosse rifacendole perdere i sensi fu il rendersi conto che aveva perso il coltellino, il suo unico strumento di autodifesa e così, mentre l’inesperto trombonista ricominciava a sbrodolare le note della sua imbarazzante esibizione, Laura chiuse gli occhi. Fu di nuovo silenzio, un silenzio pieno di vergogna perché senza applausi.


Michele Brugiolo

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