Ed infatti improvvisamente sbottò con
voce acuta: “Casini? Che genere di casini intendi? Forse dovresti pensare prima
di dare un passaggio a qualcuno se quel qualcuno ha l’aria di qualcuno che ha
combinato qualche casino! Perché si da il fatto che il mondo sia pieno di tanti
qualcuno che combinano casini! Perciò se hai voglia di giudicarmi in base a non
so quale identikit del qualcuno casinista che hai in mente tu” (solo qui
riprese fiato) “fa pure ma prima ferma la macchina e fammi uscire, non ho
nessuna intenzione di lasciarmi infastidire da un qualcuno che non sa neanche a
che velocità sta andando perché ha una macchina del paleolitico e ascolta
musica orrenda!”
Silenzio.
Era successo tutto così rapidamente che
l’unica reazione dell’uomo fu quella di smettere di fissare la sua passeggera,
spegnere l’autoradio e ricominciare a guardare dritto davanti a sé tenendo il
volante talmente stretto da far sbiancare le nocche delle dita.
Anche Laura era talmente scioccata
dalla sua stessa reazione che non accennò neanche ad un movimento per paura che
l’uomo, spazientendosi, accostasse e la obbligasse veramente a scendere, cosa
che avrebbe complicato notevolmente il suo piano di fuga verso il mondo.
Passarono molte auto in senso opposto
ma le espressioni che i fanali illuminavano erano pressoché granitiche fino a
quando l’uomo, che evidentemente evitava di respirare a pieno per non
distruggere quell'atmosfera da quiete prima della tempesta, fece entrare nei
polmoni una buona dose d’aria gonfiando il petto come chi, atteggiandosi, sta
per dire qualcosa di scontato. Rimase in quella strana posa
rigonfia per qualche secondo, aprì la bocca, roteò entrambi gli occhi verso
destra cercando di carpire l’espressione sul volto della sua passeggera e…
espirò rumorosamente dalla bocca senza proferire parola ma appannando vistosamente
il parabrezza.
Il secondo rumore che incrinò
pericolosamente quell'onirico silenzio fu provocato dallo sfregamento della
manica sinistra del guidatore contro il vetro nel tentativo di spannarlo e tornare
finalmente a vedere decentemente la strada.
Il tutto prese una piega talmente
surreale da diventare ridicolo, il suono penetrante e buffo dello strofinio sembrava avere lo stesso effetto del solletico su Laura, di li a poco si
mise a sghignazzare rumorosamente stringendo i denti per non farsi notare.
L’autista smise di lottare con il
parabrezza optando per l’apertura di un finestrino (dato che l’auto non era
provvista di aria condizionata), si rimise a sedere correttamente guardando di
nuovo la ragazza esclamando: “Magari non sarai un qualcuno che ha combinato
casini, ma sei strana forte! Ti sembra il modo di urla…” ”FRENAAAAAAAA!”…
Silenzio.
Un silenzio dal rumore completamente
diverso rispetto a quello di prima, non c’era più imbarazzo nell'aria ne tanto
meno timidezza.
Laura riprese lentamente i sensi
sbattendo le palpebre come al suono della sveglia dopo una notte tormentata, non ricordava bene cosa fosse successo ma il
suo stesso grido le rimbombava ancora in testa. Riebbe improvvisamente la
percezione del suo corpo e capì che non era sdraiata ma in una strana posizione
seduta con i piedi a penzoloni. Passarono altri momenti dalla lunghezza
indefinita prima che Laura riuscisse a percepire una voce lontana, apparteneva
ad un uomo ma ogni parola giungeva alle sue orecchie ovattata e distorta. Tutto
questo le ricordò la voce degli adulti nella versione animata del fumetto “The
peanuts”. I “grandi” parlavano in un gergo incomprensibile caratterizzato da suoni simili ad una prima lezione di trombone eseguita da un
allievo per nulla dotato.
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Col tempo il trombonista in erba riuscì
a rischiarare il suo suono permettendo a Laura di percepire parole sconnesse che
registrò mentalmente: ”…vecchia” “…che cazzo ci faceva…” “…ragazzina idiota…”
“…prendono non esco più…”.
L’ultimo pensiero che la scosse
rifacendole perdere i sensi fu il rendersi conto che aveva perso il coltellino,
il suo unico strumento di autodifesa e così, mentre l’inesperto trombonista
ricominciava a sbrodolare le note della sua imbarazzante esibizione, Laura chiuse
gli occhi. Fu di nuovo silenzio, un silenzio pieno di vergogna perché senza
applausi.
Michele Brugiolo
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